3^ Domenica dopo Pentecoste


LETTURA
Lettura del libro della Genesi 2, 18-25

In quei giorni. Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta / è osso dalle mie ossa, / carne dalla mia carne. / La si chiamerà donna, / perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Genesi 2, 18-25

Nel libro della Genesi, al secondo capitolo, viene proposto un nuovo racconto della creazione rispetto a quello del cap I (impostato, per intenderci, sui 6 giorni+1) e viene sviluppato, particolarmente, il pro­getto di Dio sulla umanità e quindi sulla coppia e sul matrimonio.
-     Dio vuole offrire all'uomo (maschio) amicizia e collaborazione, facendolo uscire dalla solitudine (18). Ma trovare la gioia per l'uomo é difficile e sembra che Dio stesso vada per tentativi.
-       Gli animali splendidi e variopinti sono un dono all'uomo: simili a lui nel corpo perché tratti dal fango, assolutamente diversi nella loro esistenza poiché l’umanità ha ricevuto vita dallo Spirito di Dio (2,7). L’uomo  può dare ad ogni animale  un nome, dimostrando di esserne il padrone. Così, con una tale presa di possesso, l'uomo li rico­nosce, coordina, mette ordine nella creazione. Egli inizia una comunicazione nel mondo.
-          Ma non c'é un “aiuto simile” (v.20) all’uomo. Così Dio riprende il suo lavoro con fantasia: Egli vuole rendere felice l'uomo, poiché questo è il suo progetto. Il secondo racconto della creazione (Gen 2,18-24) è fondamentalmente centrato sulla ricerca di un mondo gioioso. Questo è possibile quando viene superata la solitudine, e quindi esiste un rapporto di reciprocità e di parità. E’ bello leggere nella Bibbia che Dio stesso è alla ricerca di soluzioni perché fuori di sé ci sia contentezza. E la soluzione, che è attesa, progetto, sogno, si concretizza quando il Signore crea la donna. "Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile", ma il testo ebraico dice: "Qualcuno che sia come il suo di fronte". La donna non è tanto aiuto materiale, né semplice compagna ma comunicazione alla pari, rapporto tra persone, reciprocità. Un racconto rabbinico dice che Dio non ha tratto la donna dai piedi perché fosse sottomessa, né dalla testa perché diventasse padrona ma dal fianco dell’uomo perché potessero insieme costruire un mondo sempre nuovo, in collaborazione.
La parola “aiuto”, in ebraico, è particolarmente usata per Dio (“Tu sei il mio aiuto: Sal 70,6). Perciò la donna è presente come Dio è aiuto per portare alla piena realizzazione la coppia.
Il nome della donna non viene pronunciato direttamente dall'uomo: esprimerebbe una padronanza dell’uomo sulla donna, come per gli animali. Viene pronunciato da Dio: "La si chiamerà Ishshà (donna) perché tratta dall’Ish (uomo)". La donna non è perciò sottomessa a nessuno. Sarà sottomessa a Dio. Essa sarà "uoma", da “uomo” richiamo della sua provenienza e della sua parità.
- Perciò il racconto pone le radici e le motivazioni per i richiami della vita adulta della coppia: l'attrazione (la scoperta dell'amore del tempo della giovane maturità), l'unione della coppia (superamento della legge del sangue per l’abbandono del padre e della madre, perciò abbandono della dipendenza per una realtà nuova), la procreazione ("i due saranno una carne sola" nella carne del figlio) (v.24).

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 21-33

Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.


Efesini 5,21-33
Questa lettera scritta da Paolo alla Chiesa di Efeso, probabilmente da Roma negli anni 61-63 d.C. oppure prima, da Cesarea (58-60 d.C.),  ha come tema fondamentale il piano divino che chiama tutti- giudei e pagani -alla salvezza mediante l’adesione alla Chiesa (corpo) di cui Cristo è il capo. E’una teologia che coinvolge il valore della Chiesa in rapporto a Gesù e corrisponde a quella riflessione che già alcuni decenni fa veniva particolarmente riproposta come “ teologia del Corpo Mistico”.
La Chiesa è radicata nel mondo e segno di speranza. È costituita da credenti a cui Paolo dice: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.”(5,1). Il “camminare nella carità” propone, nello stesso tempo, le esigenze della vita di ogni cristiano e i suoi orientamenti a Cristo che è il suo modello fondamentale.
Così, per alcuni versetti, (5,8-14) lo scrittore della lettera sviluppa una linea di comportamenti sapienziali, tutta nell’ottica del contrasto fra tenebre e di luce. La condotta dei cristiani deve essere quella dei “Figli della luce” e ovviamente, deve far maturare frutti di luce: “Il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore” (5,9).
A questo punto, nella lettera, vengono ricordati non solo i rapporti di coerenza personale, ma anche alcuni dei rapporti fondamentali che ogni persona ha con altri, a cominciare dalla coppia (5,22-33). Si continua con il rapporto tra padri e figli (6,1-4), e infine col rapporto con gli schiavi (6,5-9).
Noi oggi leggiamo il testo molto complesso che riguarda il rapporto con la coppia. Ma tutto il capitolo, come questa riflessione sulla coppia, in particolare, va letto alla luce del versetto: 5, 21: "Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri”.
-           La sottomissione è reciproca tra le persone, nell’intento di eliminare la prepotenza e la prevaricazione sull’altro. Vanno ricercati il rispetto per la vita di ciascuno, il rapporto sapienziale, una matura reciprocità che chiarisce la sottomissione allo stile di Gesù. E  "nel timore di Cristo” non fa riferimento alla paura, ma piuttosto alla trepida sollecitudine nella disponibilità al servizio.
-           Il testo sulla coppia si è prestato a molte ambiguità, immaginando che la Scrittura giustificasse la cultura maschilista del mondo ebraico e del  nostro mondo, compreso quello della Comunità cristiana. Quel che non si è tenuto presente è che Paolo deve affrontare la problematica della donna in un contesto culturale dove la donna è sottomessa. Paolo stesso non è esente, da buon rabbino, da tale mentalità e tuttavia è obbligato a ripensare questi diffusi criteri culturali, alla luce della Parola di Gesù. Gesù stesso si è sottomesso, ma la sua sottomissione non è solo ubbidienza o soggezione, ma volontà, scelta, disponibilità ad un amore grande che supera le gerarchie e le dipendenze.
-           In pratica Paolo dice che “i criteri culturali” che la donna vive nella coppia devono essere trasformati in attenzione, valore, significato di accoglienza e di amore.
E il confronto con Cristo vale anche per il marito. L’uomo deve accettare di essere disponibile ad un amore che difende, che purifica, che rende bella e libera la sposa. Egli la ama fino a dare la vita per lei. Il linguaggio suppone molti richiami al Primo Testamento. Il matrimonio diventa immagine dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Paolo lo chiama “mistero”: piano provvidenziale tra Dio e il suo popolo che ha trovato come una immagine, una parabola del proprio rapporto, proprio nella coppia e nel patto di fedeltà e di cammino comune dell’uomo e della donna.
-           Perciò tra cristiani si può  fare un parallelo grandioso: ogni matrimonio si rispecchia nelle scelte totali di Gesù e ogni richiamo  alle scelte di Gesù trova la sua immagine, più o meno trasparente, ma sempre immagine, nel matrimonio.


VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Marco 10, 1-12

In quel tempo. Partito di là, il Signore Gesù venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione “li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola”. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Mc 10,1-12                                                                                     
Se leggiamo attentamente tra le righe ci accorgiamo che Gesù non  abbocca al problema che gli pongono per metterlo alla prova con l’argomento delle leggi e delle norme, ma lo proietta sul piano del progetto di Dio e focalizza la drammaticità delle situazioni esistenziali nella durezza del  cuore, la “sclerocardia” , come il fattore dominante che inquina la possibilità e la bellezza della relazione.
E che Gesù abbia in mente la relazione è nel particolare che viene citata anche la moglie come soggetto di ripudio: la posizione è uguale.
Già questo sarebbe stato motivo di scandalo.

Ma Gesù come sempre, pur adeguandosi ai tempi e alla Legge, non si lascia condizionare dalla lettera angusta e asettica, ma sposta il discorso su un piano più alto e più profondo:
Questo non è un testo per problematizzare il divorzio, anche ai nostri giorni.
Infatti, avendo a cuore la relazione tra uomo e donna, quella che li pone l’uno di fronte all’altra, e mi piace pensarli all’altezza degli occhi e della parola  e del sorriso, è come se dicesse  che non si può costruire nessun rapporto vero se non ci si mette tutto il cuore e la mente in un’apertura di orizzonti e in una volontà di comprensione e di accoglienza reciproca.

Il progetto grande di Dio è che ogni relazione, anche quella di coppia, rispecchi il suo amore, la sua alleanza, la sua fedeltà.  Ma questo si ottiene in un cammino, passo passo, forse è un punto di arrivo, forse si dovranno attraversare crisi e rendersi conto di scelte sbagliate, ma di volta in volta occorre fare i conti con la Parola e con la nostra durezza di cuore.

Gesù parla di  queste situazioni mentre è in viaggio, in cammino verso Gerusalemme;  Gesù spesso parla e istruisce i suoi discepoli mentre è in viaggio, che è poi il viaggio della vita, dove ci si imbatte anche nei fallimenti, e forse il fallimento più clamoroso  e dolente è quello di non essere riusciti ad entrare e a vivere una relazione.  Ci s’imbatte nei tradimenti, nelle angosce della solitudine, dell’essere abbandonati o di rompere  dei rapporti.
Gesù si immedesima nella sofferenza e nei disgi delle persone e ne fa una questione di cuore: il cuore di cui parla e a cui fa riferimento è il cuore di Dio che vive nel suo e che non smette mai di  intervenire. 
Magari non quando e come vorremmo noi, ma sicuramente.
Perché il nostro cuore perda ogni spigolosità per vibrare all’unisono con il Suo.