Lettura del libro del Siracide 24, 1-12
La sapienza fa il proprio elogio, / in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. / Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, / dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: / «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo / e come nube ho ricoperto la terra. / Io ho posto la mia dimora lassù, / il mio trono era su una colonna di nubi. / Ho percorso da sola il giro del cielo, / ho passeggiato nelle profondità degli abissi. / Sulle onde del mare e su tutta la terra, / su ogni popolo e nazione ho preso dominio. / Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, / qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. / Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, / colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda / e mi disse: “Fissa la tenda in Giacobbe / e prendi eredità in Israele”. / Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi ha creato, / per tutta l’eternità non verrò meno. / Nella tenda santa davanti a lui ho officiato / e così mi sono stabilita in Sion. / Nella città che egli ama mi ha fatto abitare / e in Gerusalemme è il mio potere. / Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, / nella porzione del Signore è la mia eredità».
Dopo
avere, per secoli, accolto la Parola del Signore ed averla letta, analizzata,
confrontata, imparata a memoria nei tempi drammatici e gloriosi del popolo
d’Israele, si è sviluppata con stupore e meraviglia la scoperta della bellezza
e della profondità della Sapienza. Infatti, in questo libro, scritto nel 2º
secolo a. C., neppure accettato come testo canonico dagli ebrei e quindi dai
cristiani protestanti, pur se conosciuto anche nel testo ebraico, è come se si
levasse il velo della quotidianità e si riuscisse a svelare le ricchezze, la
pienezza della Sapienza di Dio che ha creato il mondo. Proprio quella Sapienza
di architetto e di inventore del mondo, ora , trascrive in parole e formule la
sua ricchezza. Come lo scienziato che ha creato una macchina meravigliosa, poi
scrive la formula per riproporla nel mondo, per conoscerla, per ripararla, per
difenderla da ciò che corrode e deteriora, dagli incidenti, dai furti.
Si
sente, insieme, l’orgoglio dell’aver ricevuto un tesoro in dono e la volontà
del confronto con la coscienza pagana che non può assolutamente competere con
la pienezza di Dio che si svela a noi nella Parola. Il popolo ebraico possiede
la “Torah” (legge-insegnamento) che è la strada che conduce alla vita. Essa è
la Sapienza di Dio che si è installata in Israele, dono gratuito che non si può
meritare.
L'intuizione
fondamentale è la gratuità della Sapienza: "Ogni Sapienza viene dal
Signore e con Lui rimane per sempre " (Sir 1,1). La sua funzione è quella
di stare presso Dio. Ed è persino commovente seguire la peregrinazione da una
dimora ad un’altra, immaginare le infinite passeggiate dal cielo alle
profondità degli abissi, seguirla nella conoscenza delle nazioni con la libertà
di ripercorrere tutta la terra. Ma il Signore la invia sulla terra a cercarsi
la casa e riceve l'ordine di stabilirsi in Israele. Il luogo di riposo è il
monte Sion, il luogo del Tempio di Gerusalemme. Là, la Sapienza prende la
Parola e parla nell'assemblea liturgica. Il culto, nella città santa, è esso
stesso opera della Sapienza sia perché, come l’ordine nel mondo, vi esprime la
maestà e la perfezione divina e sia perché fa ritrovare armonia nella legge,
come Dio l'ha codificata (v.22). La Sapienza è paragonata anche ad un albero
splendido che mette radici nel popolo.
Essa
aspira ad una presenza nel popolo da Dio amato. Desidera quindi che sia
mantenuta non solo la ricchezza della Parola, ma anche la sua concretezza nella
testimonianza di una presenza. la Parola deve essere raccolta, pensata, capita
ma deve anche diventare vita. E la Sapienza sa che la Parola, per quanto letta
e umilmente ospitata, non riesce ad abbattere la diffidenza delle paure, le
incertezze, la perplessità. Così la Sapienza annuncia il Messia. La Sapienza si
fa carne.
L’evangelista Giovanni accetta di fare sintesi e
traduce nel suo Prologo (Gv1,1-18): la Parola (il Logos, la Sapienza uscita
dalla bocca di Dio) si fa uomo in Gesù. Egli è riconosciuto dalla Comunità
cristiana: la Chiesa. Il Gesù di
Giovanni è la nuova Sapienza che dà significato alle cose, identifica ogni
persona, uomo e donna come figli di Dio, restituisce al mondo il progetto di
ricostituire il mondo come uscito dalle mani di Dio, riconduce la realtà alla
bellezza della creazione, ai cieli nuovi e terra nuova. La Sapienza, che si è
fatta carne, è la salvezza piena, che si affida a noi e, passo passo, anche
attraverso noi, restituirà il mondo allo splendore dell’inizio.
Epistola
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 3b-9a
Fratelli, Dio, mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
San Paolo vuole sviluppare la conoscenza del dono
dello Spirito e il capitolo 8, di cui, oggi, leggiamo solo una parte, si può
intitolare: “La vita secondo lo Spirito” (Rom 8,1-39). La vita cristiana, che
pure è destinata alla morte, riceve il dono dello Spirito, lo Spirito creatore
che aleggiò sul caos all’inizio della creazione, lo stesso che fa risorgere
Gesù dalla morte, e lo stesso che possiede la potenza e lo splendore della vita
e scende sulla Chiesa a Pentecoste. “Nessuna condanna per quelli che sono in
Cristo Gesù”(8,1) poiché “la legge dello Spirito libera dalla legge del
peccato” (8,2). Questa trasformazione è possibile poiché Gesù ha preso la
nostra stessa carne mortale. Morendo, la sua carne e il male, che ha preso su
di sé, sono stati distrutti nella morte. In Lui prende possesso, come in noi,
lo Spirito del risorto e la carne è trasfigurata. Da Gesù ereditiamo nuovi
stili e valori che inglobano, ancora, l'eccezionale Sapienza della Prima
Alleanza, ma si aprono alla pienezza della maturità. Ogni giorno, nella vita quotidiana, Paolo ci rassicura: “Voi però non siete sotto il
dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita
in voi” (v.9). E mentre afferma ciò che la sua coscienza di credente gli
garantisce, intravvede che c’è un cammino nuovo da compiere, nella linea di Gesù.
E con lo Spirito ricupera anche, con fiducia, tutte quelle doti proprie della
comunità umana, e insieme quelle
ricchezze del vivere quotidiano di molte persone che Paolo ha conosciuto
..
Paolo intuisce che lo Spirito
del Signore, nel cuore di ciascuno che è
credente in Gesù, offre un modello inarrivabile in pienezza di vita; ma capisce
anche che il Signore ha diffuso splendori e bellezze tali da donare esempi e aiuti ad ogni progetto di vita.
Il Concilio Vaticano II ce lo
ripete e ci rassicura: abbiamo la conoscenza di Gesù e il dono dello Spirito. E
attorno a noi tante persone vivono con coraggio
e generosità, semplicemente,e nemmeno si rendono conto del loro vivere secondo lo Spirito.
Lo abbiamo letto nel tempo di
avvento: “In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile,
quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è
onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri
pensieri”. Paolo raccomanda un ideale di
condotta di cui tutti i termini erano correnti presso i moralisti greci del suo
tempo (è la sola volta che usa la parola «virtù»), ma invita a metterlo in pratica secondo gli
insegnamenti e soprattutto l’esempio che egli ne ha dato. Incoraggia infatti a
trovare dei buoni maestri che educhino nella scoperta del Bene e, senza
esibizione, si propone a modello pratico: “Le cose che avete imparato,
ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetelo in pratica. E il Dio della pace
sarà con voi!” (Fil 4,8-9). La stessa cosa dice qualche versetto prima:
“Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano
secondo l’esempio che avete in noi” (Fil 3,17).
Le relazioni nel lavoro, il
rapporto di solidarietà, l’attenzione ai bisogni delle persone che ci vivono
accanto, i criteri di pace che vanno costruiti con intelligenza, cercando di
salvare la dignità e la responsabilità di ciascuno, sono alcuni elementi di
stili di vita cristiani. Eppure, su tutto questo, siamo in un mondo in cui non
ci si interroga a sufficienza. Dovrebbe essere questo l’ambito degli
interrogativi tra cristiani, all’interno
dei contesti di vita, con uno scambio intelligente di ricerca, riflessione,
impostazioni di vita e di comprensione di criteri. Eppure difficilmente il
mondo cattolico, o le parrocchie, si
ritrovano a interrogarsi e a raccontarsi fatti e intuizioni (non
pettegolezzi) sul senso nel quotidiano,
sulle operazioni di giustizia e di responsabilità nel proprio quartiere, sui
rapporti di solidarietà. Deve emergere non la scaltrezza del potere, né la ricerca
di aggregazione per un far valere di più quello che ci interessa.
In ogni laico adulto si ponga interrogativi
credenti, e che ci aiuti a cercare ciò
che nell’oggi può essere volontà di Dio. E va cercato nella realtà sociale e
nella burocrazia, nel sindacato e nel mondo politico della propria
aggregazione. Lo scopo finale non dovrebbe alimentare un piano partitico ma il bene comune, non la
convergenza di un voto, ma il coraggio di creare una consapevolezza di criteri
morali di vita.
Luca 04,14-22
In quel tempo. Il Signore Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione / e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, / a proclamare ai prigionieri la liberazione / e ai ciechi la vista; / a rimettere in libertà gli oppressi, / a proclamare l’anno di grazia del Signore».Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
“Nella
sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Gesù ha appena finito di
leggere nel rotolo di Isaia quali sono i gesti che proclamano l’anno del
Signore: “Sollevare i poveri ad accogliere la gioia, promuovere liberazione e
dignità a tutti coloro che sono ridotti schiavi e prigionieri, sciogliere gli
oppressi dai pesi e dai gioghi, dare la vista a chi è cieco”.Dare la vista non
significa soltanto togliere la cecità fisica, ma rendere capaci di vedere, cioè
di capire, di comprendere, di accogliere, di valutare nella loro vita persone e
cose, fatti e avvenimenti. Dare la vista significa porsi nel mondo e nella
storia come adulti: non c’è tempo per l’infantilismo, la vita ti chiede di
mettere in circolazione ciò che sei e ciò che hai ricevuto in dono, per
illuminare e amare quella parte di mondo, di storia e di tempo in cui sei
inserito. Per non tradire quello Spirito del Signore che è sopra ciascuno:
sopra e dentro Gesù, in maniera particolare, ma sopra e dentro ciascuno di noi,
perché ciascuno è prezioso agli occhi di Dio ed è da lui pensato secondo il
profilo di Gesù. Dobbiamo sempre chiedere al Signore di riavere la vista come
il cieco Bartimeo (Mc 10,46), perché l’amore non ha confini ed è un mistero nel
senso che sempre ci eccede e ci porta a sconfinare là dove magari non vorremmo,
perché siamo stanchi, perché -tutto sommato- abbiamo le nostre comodità. Anche
se piccole, anche se non le riteniamo tali. Il richiamo di oggi è di essere
adulti e svezzati, parte viva dell’umanità.