LETTURA
Lettura degli Atti degli Apostoli 4, 8-24a
In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome». Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era avvenuto questo miracolo della guarigione aveva più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo, tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.
La Comunità cristiana si sta
organizzando. Continua a frequentare il
tempio secondo le abitudini del gruppo dei discepoli di Gesù, che già con Gesù,
nei giorni precedenti la sua morte e la resurrezione, va regolarmente. Così gli
apostoli non hanno motivo di cambiare. Ma affrontano la realtà, giorno per
giorno, fidandosi del Signore che farà loro comprendere stili e scelte secondo
il suo cuore e, comunque, sanno che da adesso in poi hanno un riferimento nuovo
di vita a cui rivolgersi sempre: la morte e la risurrezione di Gesù cambia
scelte e stili.
Il
libro di Luca, “Atti degli apostoli”, racconta un normale giorno feriale.
“Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del
pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo
ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella, per chiedere
l’elemosina a coloro che entravano nel tempio” (At 3,1-2). Chiedere elemosina
significa aspettarsi, in particolare, danaro, oppure generi alimentari o altri
doni. “Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che
ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!». Lo prese per
la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono”
(vv6-7).
Sono
le tre del pomeriggio: si offre l'incenso all'interno del tempio, nel Santo,
mentre fuori, all'altare dei sacrifici viene immolato un agnello di un anno. A
questo punto lo storpio, a cui, per la sua malattia che lo rende impuro, è
preclusa ogni entrata nel tempio, "entrò con loro nel tempio camminando,
saltando e lodando Dio". Poiché Gesù ha educato i discepoli ad assistere a
fatti o ad ascoltare parabole per poi capirne il significato, Pietro e Giovanni
fanno altrettanto, diffondendo il
messaggio della risurrezione sulle
Scritture: in questo caso citano il Salmo 118,22: "Gesù è la pietra
angolare... in nessun altro c'è salvezza". Lo fanno con grande libertà e
franchezza (parresia): Luca usa questo termine per identificare una persona
serena, sicura e libera La testimonianza sorprende i cultori della legge poiché
sanno di trovarsi davanti a persone semplici e senza istruzione. I capi e i
giudici non sanno trovare motivi per condannarli. Ricorrono alla minaccia ,
obbligandoli al silenzio.
Ma
gli apostoli, con la stessa franchezza, rispondono che non possono tacere
"quello che abbiamo visto e ascoltato". C’è una sfida alla loro fede.
Essi continuano: "Se sia giusto obbedire a voi invece che a Dio,
giudicatelo voi stessi". E la domanda è una richiesta morale di altissimo
livello: obbligano a mettere sotto osservazione ogni loro gesto che esige di
essere valutato alla luce della Parola di Dio.
Il
testo ricorda il ritorno nella comunità cristiana: essa è informata di quello
che è stato loro minacciato, qualora si continui a dare motivi di fede. Questo
fa parte della lucidità, del coraggio e della trasparenza. in cui prima di
tutto si trovano ad operare. Acquista un particolare significato la preghiera
di ringraziamento al Signore che è anche implorato perché sostenga il coraggio
e operi, mediante la Comunità cristiana, segni di liberazione.
EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 2, 8-15
Fratelli, fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.
Paolo
vede i pericoli che corrono coloro che accettano la fede di Gesù. E d’altra
parte è questa la novità centrale per ebrei e per i pagani di fronte alla quale
bisogna prendere posizione. Poco più sopra ha impostato il problema: “E così,
intimamente uniti nell’amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza
per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i
tesori della sapienza e della conoscenza. Dico questo perché nessuno vi inganni
con argomenti seducenti” (Col 3,2-4). Ci sono prospettive nuove che vengono
dalle tradizione ebraica e dalla cultura greca. Paolo dice che è fondamentale
difendere e maturare in sé la consapevolezza di aver ricevuto il “mistero di
Dio in Gesù”. In un mare di relativismo, e in un oceano di pretese di
assolutismi, noi stiamo percorrendo una strada stretta che ci porta a vedere in
“Gesù Signore” (2,6) la ricchezza della nostra appartenenza e della nostra
liberazione. “In Lui siamo stati riempiti, circoncisi (è la nuova appartenenza)
e in lui battezzati (sepolti alla realtà
vecchia di male e di peccato). Siamo “risorti mediante la fede nella potenza di
Dio” (v 12).
La
risurrezione si sviluppa ogni giorno e matura nella fede. Non ci sono
automatismi ma scelte e verifiche, pensieri nuovi e maturi sulla Parola di Dio:
“siamo risorti per fede”.
Il tempo precedente, di cui, comunque siamo stati
responsabili e che abbiamo scelto, ora è stato assunto da Gesù. Nella mentalità
e nell’immaginario ebraico Dio ha un registro su cui sono segnate tutte le
mancanze. Il giudizio di Dio si basa su ciò che è documentato. Ma su questo
testo oggettivo, e sempre più carico di iniquità, si fa riferimento, da parte dei giusti, perché il Signore abbia
la bontà di ignorarlo. Un testo di Isaia dice una parola assicurante di Dio: “Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e
non ricordo più i tuoi peccati” (43,25). L’immagine ritorna anche in Mt 6,15: “Ma
se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre
colpe” e in Luca 11,4: “Perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non
abbandonarci alla tentazione». E su questo documento, o “chirografo” (firma
fatta di proprio pugno) ci troviamo a confronto con un debito che tutta
l’umanità ha contratto e sottoscritto davanti a Dio. E’ una grande ipoteca che
grava sul genere umano e che è insolubile. Eppure con Gesù il documento è stato
annullato, il debito è stato estinto ed è stata portata via anche la ricevuta.
Gesù, per amore del Padre, ha annullato il male e perdonato gli uomini,
inchiodando e distruggendo il documento dei nostri misfatti sulla croce.
La conclusione presenta il trionfo sul male di Dio attraverso
Gesù, dopo la sconfitta delle potenze celesti, a somiglianza delle vittorie trionfali degli imperatori che trascinano i re vinti in
catene dietro il carro del vincitore. .I cristiani, finalmente, sanno di poter
seguire un solo vincitore che non vince gli uomini, ma vince il male in ogni
uomo: il Salvatore Gesù, crocifisso e risorto.
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 20, 19-31
In quel tempo. La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La
paura, la sorpresa, lo sconcerto, l’incertezza sul da farsi non sono scomparsi:
i discepoli se ne stanno chiusi, a porte sbarrate nel luogo dove si trovavano.
Finchè,
all’improvviso, Gesù “stette in mezzo a
loro”.
Ed essi “gioirono” al
vederlo.
E Gesù dona la pace con il saluto ebraico “shalom”, dona il Suo spirito, cioè la sua vita stessa, il suo
amore, il suo respiro, e li manda a continuare l’annuncio della buona notizia
della misericordia di Dio.
Non c’è da indugiare: è talmente importante, fantastico l’annuncio che
non ci si può rinserrare a crogiolarsi nel proprio rammarico e nella
constatazione del non essere all’altezza del seguire il Signore.
Non è così semplice: altro è percorrere con Lui le vie della Galilea,
altro invece è condividere la sua
missione con il dono totale della vita.
Ma Gesù è lì tra di loro che perdona; anzi, li investe addirittura del
mandato del perdono: del perdono sempre.
Ma non tutti sono presenti, manca Tommaso, il quale non crede a quanto gli riferiscono gli altri discepoli,
provocando otto giorni dopo il nuovo presentarsi di Gesù e il suo invito a
rendersi conto personalmente della sua presenza reale.
Gesù è sempre presente tra i suoi discepoli e cammina con loro nella
storia, sia che essi si accorgano concretamente della sua presenza (“vederlo”), sia che gli si affidino per
fede: ”Beati quelli che non hanno visto e
hanno creduto!
Credere senza vedere non è impossibile: occorre rientrare in se stessi,
nella propria interiorità profonda e scoprire che lì l’amore di Dio è presente
e ci sollecita ad affidarci, ad aprire ogni nostra porta, ogni nostra barriera
con slancio, con la gioiosa disponibilità di queste tenere foglie degli alberi
di primavera che si lasciano ondeggiare docili al vento leggero.
Viene in mente il vento di Nicodemo che fa rinascere dall’alto,
esattamente come lo Spirito che il Signore Gesù dona a Pasqua, ai suoi amici smarriti,
per garantire loro la concretezza della loro esperienza con Lui.
E il meraviglioso, difficile, sorprendente messaggio che la vita può
germogliare in una forma nuova anche dalla morte; purché vissuta con amore.