Ottava del Natale - Circoncisione del Signore

LETTURA
Lettura del libro dei Numeri 6, 22-27 
In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore / e ti custodisca. / Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia. / Il Signore rivolga a te il suo volto / e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
                                                                           

Nel libro dei Numeri (6,22-27), come augurio per l'anno nuovo, ci viene ricordata la benedizione sacerdotale, voluta da Dio e limitata ad Aronne e alla sua discendenza. Secondo la tradizione rabbinica, questa formula veniva pronunciata per la benedizione del popolo, ogni giorno, dopo il sacrificio della sera. Ci sono molti richiami con le preghiere dei salmi. Il testo della benedizione è ordinato in 3 strofe al centro delle quali viene ricordato il nome divino di Javhè (tradotto qui come Signore), anche se allora mai pronunciato, ma sostituito con altri nomi.
Dio è la fonte di ogni benedizione.
La formula nell'originale ebraico ha 3 parole nella prima strofa, 5 nella seconda e 7 nella terza. Dio si fa presente, esiste accanto, accompagna. Le invocazioni domandano che Javhè sia davvero Javhè per Israele e doni, prima, se stesso e poi ì suoi benefici.
Dio mostri la sua presenza favorevole accanto a Israele. Si fa riferimento al concreto benessere. 
Possiamo ricordare Deut 28,1- 13 o il testo Gen 1,28 dove la benedizione è legata alla fecondità o all'affido del governo del mondo all'uomo. Questo testo richiama anche l'efficacia della Parola di Dio (Is 55,10-11) che produce quanto pronuncia.
"Dio faccia brillare il suo volto " non significa tanto: "il Signore sorrida ma il Signore ti faccia percepire la sua presenza e personalità (volto) e ti faccia gustare quanto è illuminante e rassicurante il rapporto con Lui". E'richiamo di accoglienza e benevolenza.
"Javhè elevi a te il suo volto": vien chiesto un rapporto stabile con il suo popolo poiché da qui scaturisce la pace. Quando il volto di Dio è nascosto, la miseria ed il disagio sorgono profondi. Viene richiesto lo sviluppo armonico e felice, opera messianica per eccellenza (Is 9,1-6). Porre il nome (v 27) richiama le mani protese verso il popolo nel gesto della benedizione (1Re 8,51).

EPISTOLA
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 5-11 
Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: / egli, pur essendo nella condizione di Dio, / non ritenne un privilegio / l’essere come Dio, / ma svuotò se stesso / assumendo una condizione di servo, / diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, / umiliò se stesso / facendosi obbediente fino alla morte / e a una morte di croce. / Per questo Dio lo esaltò / e gli donò il nome / che è al di sopra di ogni nome, / perché nel nome di Gesù / ogni ginocchio si pieghi / nei cieli, sulla terra e sotto terra, / e ogni lingua proclami: / «Gesù Cristo è Signore!», / a gloria di Dio Padre.


Paolo è molto affezionato alla comunità di Filippi, ma scopre, nelle pieghe di una umanità attiva, atteggiamenti di invidia tra alcuni che cercano di fare da padroni. Per questo l'apostolo si preoccupa di suggerire alcuni atteggiamenti morali. "Rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri" (2,2-4).
La preoccupazione di suggerire un modello porta Paolo a ripensare ai sentimenti di Gesù. Perciò "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina..." e con il brano di oggi il suggerimento continua sul doppio filo di ciò che Gesù sente e vive nel suo stile e ciò che Gesù è in realtà nella sua avventura. E, cosa ancora più curiosa, il testo pare sia un inno che le comunità cristiane conoscono già in precedenza e che delinea la vicenda di Gesù - prima della nascita da Maria, - nella sua incarnazione che è "svuotamento " della sua grandezza fino alla morte, crocifisso come uno schiavo traditore, - nell'innalzamento nella gloria poiché il Padre lo riscatta e lo rende Signore.
Davanti a Lui ogni persona riconosce la grandezza di Gesù e la propria sudditanza.
Il suggerimento conclusivo è squisitamente morale, mentre l'inno costituisce una altissima professione teologica. Anche noi diventeremo grandi, nel seguire Gesù, se avremo cercato di sviluppare lo stesso suo stile e i suoi sentimenti nella vita terrena.

VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 18-21 
In quel tempo. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Alcune parole di questo breve testo del vangelo di capodanno  sono molto significative nella semplicità della loro enunciazione: “udire”, “stupirsi”, “custodire”,  “meditare”, “tornare”, “lodare”, “dare un nome”.

Infatti esprimono degli atteggiamenti profondi che il Natale ci ripropone come doni del Signore: doni di sempre, ma mai esauriti nella loro profondità.
Sono gli atteggiamenti dei pastori e di Maria, sua madre, che vengono comunicati a noi.
La prima cosa è ascoltare l’annuncio che viene dato come una grande gioia, come una novità inattesa e sorprendente: è nato tra noi, della nostra stessa carne un “salvatore”, un Inviato d Dio, anzi il Figlio stesso di Dio, che in mezzo a noi e con noi (“l’Emanuele”),  partecipando completamente della nostra umanità e alla nostra storia, è venuto per salvarci, cioè per strapparci e liberare tutti  -uomini e donne- dal male e dai mali, per ridarci la dignità di creature e di figli.

Non è un’utopia o un’illusione, anche se oggi il nostro mondo così contrassegnato dalla brutalità del male e della violenza  assassina e distruttrice, che avvelena i rapporti tra gli uomini e rende sempre più vulnerabili  e in balia dei potenti  persone e popoli, sembra smentire ogni speranza di un presente e di un futuro di bene.

Ma i credenti sono proprio chiamati a credere, ad avere fiducia che i misteri che si stanno rievocando nelle celebrazioni di questi giorni non sono tradizioni o riti, anche belli e suggestivi, fine a se stessi, ma l’espressione di una novità a cui siamo stati chiamati perché possiamo stupirci, sorprenderci per questa vicinanza dell’amore di Dio che ci sollecita  a ‘tornare’ nella nostra vita di ogni giorno con una fiducia e una speranza nuova con la serenità e il sorriso che  Dio non ci abbandona, ma si abbandona a noi come un bambino di cui prenderci cura.  Come i tanti bambini del giorno d’oggi che stentano la vita e hanno bisogno dell’attenzione e della cura di tutti noi per sopravvivere e ridarci speranza.

E poi “custodire” e “meditare”: è essenziale ripensare a quanto ci viene proposto a Natale, assimilarlo, tornare a riflettere perchè il Signore Gesù, nato una volta per tutte in Palestina più di duemila anni fa, nasca in noi, nel nostro cuore, con tutto il messaggio e la carica di amore che è venuto a portare e ad annunciare.
Nato a Betlemme, che significa “casa del pane”, perché la sua parola, Egli stesso si faccia pane per noi, per la nostra crescita e per la nostra responsabilità di credenti.

Ancora: pensare al nome che viene dato a Gesù, che vuol dire “Dio salva”,  richiede che noi ci soffermiamo sul senso della salvezza.  Crediamo veramente alla salvezza portata da Dio? Cioè all’opera di liberazione a cui ci chiama, uno per uno, noi che ci diciamo credenti, che non è solamente liberazione e perdono dei peccati, ma soprattutto restituzione della dignità ad ogni persona degradata che incontriamo e liberazione dai bisogni e dalle necessità primarie.  Non diciamo che spetta ad altri: ciascuno, anche nel suo piccolo può operare in questo senso.